Buongiorno lettori,
con oggi comincia ufficialmente la nuova collaborazione con il gruppo THE DARK ZONE (cliccate sul link per sapere di più e visitare il gruppo Facebook), questo significa che ogni giovedì verrà pubblicato un post dedicato alla presentazione di un romanzo permettendovi di conoscere ogni settimana un autore diverso e le sue opere.
La protagonista di oggi è Simona Diodovich e il suo HUL - Hampton University Life!
INTERVISTA ALL'AUTRICE
- Perché una lettrice dovrebbe leggere il tuo libro?
Perché scrivo cose differenti da ciò che il mercato vuole? Quando ti stufi di seguire la scia degli altri, volta l’angolo e vieni a cercare me, io scrivo qualcosa di differente e spezzi il ritmo delle tue letture. Ecco, direi questo. Ci metterei anche il fatto che mi piace scrivere con tutte le sfumature dei sentimenti. Apri un libro mio e ti devi immergere nella lettura, uscirne avendo provato ogni emozione al suo interno. Devastato insomma… forse così non mi aiuto eh? Scherzo.
- Che cosa c’è di innovativo e quali sono gli elementi di continuità con il genere o con la tradizione?
Guarda, io non pretendo di far nulla di innovativo e altro. Scrivo solo ciò che mi fa star bene. Il romanzo sportivo l’anno scorso non se lo filava nessuno, può forse considerarsi innovativo? Parlo spesso della famiglia, nelle sue diverse forme, questo può essere un elemento tradizionale, in tutti i libri. Ma si ferma tutto lì. Sono solo una pazza che si diverte a sperimentare.
- Che cosa ti ha spinta a scrivere?
Mi sono svegliata una notte con in mente un pezzo del libro di Carlie, che ancora non era un libro, anzi non era nulla. Potevo disegnarla, chissà, destino, la mattina dopo ho aperto un file in word e ho scritto quella scena. Io non dovevo fare quello, ero in ritardo con le consegne di un lavoro… come dicevo: destino.
- Da che cosa è nata la storia? Quali sono state le fonti di ispirazione?
La saga Hampton è nata perché adoro il film le Riserve, lo stavo vedendo un sabato pomeriggio, Keanu Reeves ha detto “la gloria dura per sempre non credete a chi vi dice il contrario” e due minuti dopo cercavo link su città della Virginia dove giocavano a football al liceo. È stata la saga più faticosa, ho dovuto documentarmi tantissimo, ma mi sono divertita otto volte di più del normale.
- Quando scrivi? E come? in modo organizzato e continuo o improvviso, discontinuo?
Io scrivo tutti i giorni, se sto disegnando dalle 16.30 in avanti. Se sono libera dal disegno dalle nove di mattina alle 19 di sera. Tutti i giorni. Sabato e domenica compresi ma di pomeriggio, se non esco. A volte sono stanca e mi prendo mezza giornata per me. Quando disegno, o cammino per arrivare in ufficio, io creo nuove storie. Ho sempre il cervello attivo. Finisco un libro e non prendo del tempo per rilassarmi un mese. Un giorno fuori con amiche, un pomeriggio in compagnia di X persone e poi riprendo a pieno ritmo. Tipo macchina da guerra, hai presente?
- Quali strategie hai adottato per promuovere il tuo libro e che tipo di strumenti hai usato – e usi- per proporlo all'attenzione dei tuoi potenziali lettori?
L’educazione. Niente spam selvaggi. Non invado la bacheca delle altre scrittrici, non le taggo quando esce il libro, evito tutto quello che urterebbe me. Contatto le blogger, chiedo di poter presentare il libro. Ogni tanto lo pubblicizzo in giro. Ma ogni due o tre settimane. Per non essere irritante.
- (perché la scelta del self publishing?) se lo sei
Sono self per scelta, lo sapevi? Avevo la casa editrice che pubblicava i libri. Al primo libro mi sono accorta che non mi seguiva, non mi aiutava, non mi faceva la cover e quindi l’ho fatta io, non ha fatto l’editing del libro… posso proseguire eh? Così ho dato il secondo della saga Deathless per vedere se cambiava qualcosa, quando ho visto che non migliorava nulla, mi sono auto pubblicata. Ma venendo dall’editoria, io ero in gradi di impaginarmi il libro, di farmi delle cover come piacevano a me, è stato un divertimento. Un faticoso e lungo divertimento, ci vuole molto tempo in più, ma ormai non ci faccio più caso.
- Progetti per il futuro?
Ah, io non saprei nemmeno cosa dirti. Sto correggendo il seguito di Carlie, quarto libro, ma è il prequel. Sto correggendo un libro nuovo di cui ancora non parlo. Ho messo giù il plot per un romanzo d’amore, sto documentandomi sul nuovo libro sportivo… e vorrei proseguire con il conclusivo libro di The Queen… ma ho due mani, un bel po’ di disegni da fare e faccio solo tre cose insieme :P
- Tre persone da ringraziare
Tre persone da ringraziare… me, me e me? Ahahah… non lo so, a parte la mia cocciutaggine direi tutto ciò che mi ruota intorno. Nessuno di noi è valido al 100% da solo, no? Sono come Harry Potter, lui era bravo, poteva lottare, ma gli amici erano un supporto non indifferente, ognuno a suo modo. Metti nel calderone famiglia, amici, sfide personali, tutto quello che fa parte della mia esistenza che la tocca una volta o sempre, e ottieni me. Per cui, ringraziamo il mondo che ruota intorno a una come me che adora le sfide, ed è spalleggiata da un folto numero di persone.
ESTRATTI
“La telecamera era puntata sul Coach Bass proprio in
pieno volto. Nemmeno fosse un interrogatorio della Gestapo. Il cameraman non
aveva nessuna intenzione di abbassare l’attrezzo e, la luce a fianco puntata su
di lui, lo faceva sudare tanto quanto bruciare gli occhi. Quella cosa doveva
essere? Un’intervista?
«Siamo in onda
tra cinque minuti, Coach Bass, nervoso?» il giornalista televisivo trafficava
con il microfono e non lo guardava in volto, per essere sinceri.
«Un po’, a dir
il vero» alle sue spalle i giocatori erano nel bel mezzo di un allenamento e la
televisione era arrivata senza preavviso. Si tolse il cappellino e si asciugò
il sudore, mancavano pochi giorni a dicembre, la temperatura si era
notevolmente abbassata nell’arco di poco tempo, ritornando ai suoi valori
standard, eppure lui sudava. Abbozzò un sorriso che sembrò una smorfia di
dolore.
«Oh, non si
preoccupi. Lei risponda alle domande con sincerità e andrà tutto bene. Le
ruberemo solo pochi minuti» continuava a ignorarlo incurante delle difficoltà
che quella intervista gli poteva creare. Armeggiava tra microfoni e signorine
carine che, con grazia e professionalità, si davano da fare sulla sua figura
per renderlo perfetto prima del collegamento, tipo togliergli la fronte lucida
che, di sicuro, ora aveva. Orribile, si sentiva un’attricetta alle prime armi.
«Sembra una
frase della Gestapo e guardi che più passano i secondi, più mi sembra reale»
borbottò Bass passandosi una mano tra i capelli.
Il cronista sorrise, una fila di denti bianchi e
perfetti in un volto attraente ma cinico, fecero bella mostra di sé «Respiri,
siamo in onda al cinque…»
«…quattro, tre,
due…» ora la voce arrivava da un ragazzo alle spalle del reporter.
«Buongiorno
gente! Chi vi parla è Greg Philips Jr. e siamo qui con il Coach Bass. Oggi è
lunedì. Mancano quattro giorni alla partita contro gli Golden Eagles dal
Tennessee Tech University, sappiamo che vi state preparando. Abbiamo raccolto
delle perplessità e ottimi giudizi dalle persone comuni: ve li faccio
ascoltare, prima di porle la domanda che tutti si aspettano» sorrise.
L’allenatore dei Pirates pensò di sprofondare sotto
terra pur di sparire dalla telecamera, invece si ritrovò a sorridere. Cercò di
non tremare con un singolo movimento del suo corpo.
«Sono Jack da
Hampton. Il nuovo allenatore dei Pirates mi lascia perplesso. No, dico, vi
rendete conto? Ha messo in panchina Morgan Bastian, il miglior giocatore dei Pirates, per far giocare i due novelli finti
quarterback. Ok sì, se la sono cavata piuttosto bene, hanno giocato per tutta
la partita il doppio ruolo, running back e quarterback, ma questo giochetto non
potrà durare per sempre.»
«Ciao, sono
Phil, ero nei Pirates all’università. Io credo che il Coach Bass abbia avuto un
colpo geniale, altroché! Chi mette in campo due giocatori di quel calibro che
sono in grado di giocarsi il doppio ruolo con quella maestria? Ci vuole un gran
sangue freddo, e non si può certo dire che Sherman e Beenson non ne abbiamo!»
Un’altra voce entrò nell’aria «Sono Chuck. Finalmente
Colt è tornato a giocare il suo ruolo nel modo giusto, perché abbiamo rischiato
di perdere la partita con i Fighting Leathernecks da Western Illinois
University l’ultima volta. Poteva metterlo in panchina. Il Coach ha rischiato
tanto.»
Il cronista sorrise. Stava per entrare in scena e
sembrava un predatore feroce.
«Buonasera a
tutti, sono Brian, ma sbaglio o c’è una truppe televisiva che segue il Coach
Bass ovunque a ogni allenamento? Ecco, capisco che è favoloso dimostrargli che
per noi il football è molto importante, ma non credete di metterlo doppiamente
sotto pressione?»
Questo fu l’attimo in cui Bass si sentì meglio. Il
cronista sorrise maggiormente, mentre un guizzo selvaggio gli attraversò lo
sguardo. Alzò un dito per interrompere le voci. «Da qui la mia domanda Coach
Bass, venerdì vinceremo contro i Golden Eagles dal Tennessee Tech University?
Per ora ci è andata bene. Abbiamo vinto delle partite nonostante le pecche
della squadra e siamo ancora in gara per il campionato, soprattutto per il
nostro girone. Ma ora si fa sul serio. Ce la faremo?» gli puntò il microfono
verso la bocca.
Bass guardò per una frazione di secondo quel mostro
vicino alle sue labbra e poi annuì «Faremo del nostro meglio per non mollare.
Mai.»
Il cronista non parve molto soddisfatto della sua
risposta. Quando, nel giro del campo, Morgan Bastian passò da lì, lo fermò
piantandogli addosso il microfono.
«E tu cosa dici
Bastian: vincerete?»
Il ragazzo si tolse il casco «Vinceremo. Noi rimarremo imbattuti fino alla fine del campionato,
soprattutto finché in campo ci sarò io,
che pretendo e regalo sempre il massimo per la mia squadra» il suo sguardo di
fuoco lasciò senza risposta anche il reporter che si voltò verso la telecamera
sorridendo imbarazzato.
«Non ci resta
che intervistare i due giocatori che fan tremare il ruolo del quarterback.
Beenson e Sherman.»
Li bloccarono durante la corsa e, dato che erano vicini,
fu semplice intervistarli nello stesso momento «Allora ragazzi, avversari al
liceo e compagni di squadra al college. Cosa mi dite, esiste ancora rivalità
tra voi, ora?»
Colin sorrise «Mi sta chiedendo se io sono più bravo di
lui? Certo che sì.»
«E se lo chiede
a me, probabilmente le risponderò la stessa cosa» aggiunse Logan. Anche lui con
un sorriso aperto di fianco all’amico.
Il cronista li guardò costernato, per poi scoppiare a
ridere «Dicono che avete avuto vicissitudini che vi hanno fatto scontrare, e
che voi siate diventati amici in seconda battuta, nessuna rivalità in campo?»
«Forse, amico,
si doveva limitare alla risposta spiritosa che le abbiamo dato tre secondi fa,
che ne dice?» Colin lo guardò di traverso.
Logan lo trattenne per un braccio e poi, facendo finta
di nulla, sorrise falsamente al cronista «No, non c’è rivalità tra noi, ora. Siamo amici e lo siamo per davvero.
Noi vogliamo che la squadra vinca. Per cui, se oggi giochiamo in un ruolo, o in
un altro, il nostro obiettivo è quello del fine ultimo: una squadra vincente»
aveva allargato il suo sorriso da spaccone.
Il cronista se n’era accorto, tanto che ebbe un attimo
di esitazione «E cosa mi dite di Bastian? Riuscite ad andare d’accordo anche
con lui?»
«Ah, per favore,
ma lei è qui solo per farci dire qualcosa di brutto? È questo lo scoop?» Colin,
esasperato dal tizio, lo spiazzò con quest’espressione e poi, come se niente
fosse, lo lasciò lì a bocca aperta e riprese a correre.
«Ehm, lo scusi,
non ha visto la sua ragazza ieri sera» e così dicendo corse dietro l’amico
ridendo a crepapelle.
Ripresosi dall’esplosione di maleducazione di Colin, il
giornalista televisivo bloccò Norman che, a malincuore, fu costretto a fermarsi
«E lei signor Colt, cosa mi dice? Ha fatto delle partite non troppo belle,
riuscirà a reggere il ritmo elevato che promette la squadra?»
Norman si tolse il casco, con la coda dell’occhio vedeva
Colin che, a modo suo, gli suggeriva di tagliare la conversazione, con un
chiaro segno netto del dito che passava sulla gola in orizzontale.
Gli venne da ridere «Ho avuto dei problemi personali che
hanno influito sul mio rendimento sportivo, cosa che per altro è stata
superata. Ora né lei, né tantomeno i fan dei Pirates, si devono preoccupare di
ciò. Sono tornato in gran forma, più deciso che mai a vincere il campionato.»
«Si dice che
abbia fermato un noto mafioso.»
«Esatto. Era un
problema ben più importante del football in quei giorni.»
«Ma ora Signor
Colt…» tentò di fermarlo il cronista mentre la luce della telecamera li seguiva
passo per passo.
«Ora, se non le
dispiace, finisco i miei cinquanta giri di corsa» e così dicendo raggiunse gli
amici che, poco più in là, ridevano a crepapelle.”
“Mancava poco, poteva farcela. La spalla stava
bruciando, dovevano essere saltati i punti durante gli assalti, o si era
riaperta da sola la ferita. Inconvenienti del mestiere.
Per qualche secondo entrò nel panico. Lui che faceva la
cosa giusta per la squadra era una cosa mai vista, ma che si trovava nel panico
per non riuscire a portare a termine la partita per il dolore era ancora
peggio. Scrutò il bordo campo. Logan lo scrutava serio da seduto. Sembrava
essere entrato nella sua anima, incitandolo.
Tra il pubblico, dietro di lui, Violet era in piedi
negli spalti. I suoi occhi erano sgranati e incrociava le mani sul petto.
Ricordava una conversazione avuta con lei prima di scendere in campo.
Come farai con il braccio?
Me la caverò. Aveva risposto lui.
Se pensi di non farcela, guarda me. Io sono
lì. Ultimi secondi, ce la puoi fare, tesoro.
«Ultimi secondi,
tesoro. Ce la posso fare» replicò lui come se Violet fosse davvero lì con lui.
Da lontano la vide sorridere. Alzò il braccio ferito per
muoverlo un po’. Logan alzò il pollice.
Lui annuì. D’accordo, ultimi secondi, doveva farcela.
Si voltò verso la squadra «Allora ragazzi, usciamo da
questo campo da vincitori. Brian, stai pronto, dovrai correre e molto amico:
più veloce del vento.»
Mancava
poco, poteva farcela.
La spalla stava bruciando, dovevano essere saltati i punti durante gli assalti,
o si era riaperta da sola la ferita. Inconvenienti del mestiere.
Per qualche secondo entrò nel panico. Lui che faceva la
cosa giusta per la squadra era una cosa mai vista, ma che si trovava nel panico
per non riuscire a portare a termine la partita per il dolore era ancora
peggio. Scrutò il bordo campo. Logan lo scrutava serio da seduto. Sembrava
essere entrato nella sua anima, incitandolo.
Tra il pubblico, dietro di lui, Violet era in piedi negli
spalti. I suoi occhi erano sgranati e incrociava le mani sul petto. Ricordava
una conversazione avuta con lei prima di scendere in campo.
Come farai con il braccio?
Me la caverò. Aveva risposto lui.
Se pensi di non farcela, guarda me. Io sono
lì. Ultimi secondi, ce la puoi fare, tesoro.
«Ultimi secondi,
tesoro. Ce la posso fare» replicò lui come se Violet fosse davvero lì con lui.
Da lontano la vide sorridere. Alzò il braccio ferito per
muoverlo un po’. Logan alzò il pollice.
Lui annuì. D’accordo, ultimi secondi, doveva farcela.
Si voltò verso la squadra «Allora ragazzi, usciamo da
questo campo da vincitori. Brian, stai pronto, dovrai correre e molto amico:
più veloce del vento.»”
“Logan camminava al fianco di Candis che, tranquilla,
non aveva detto una sola parola.
«Rammenti quando
non volevi essere al centro dell’attenzione e nessuno ti conosceva?» Logan
spezzò il silenzio all’improvviso.
«Sì. Certo.»
«Non ce la farai
mai, mia meravigliosa moglie. Sei troppo bella e tutti ti vogliono. Sarò
costretto a picchiare un mucchio di ragazzi, ma dato che ti difendi bene, non
posso nemmeno fare quello. Direi che a volte è frustrante» Logan si mise le
mani in tasca. Non la guardava in volto.
Candis lo fermò in mezzo al corridoio. «Io voglio che tu
stia al mio fianco sempre. Voglio sentirmi protetta da te, sempre. Però non voglio vederti in panchina per colpa di un
cretino, se lo picchio io a te non succede nulla, io non sono in punizione. Se
lo fai tu, ti giochi la carriera.»
Logan le accarezzò il volto. La fissò con grande
intensità «Te e i bambini, venite prima della carriera, sempre.»
Candis lo baciò lentamente sulla bocca «Quanto ti amo
io?»
«Non lo so,
tanto?» Logan sorrise guardando i suoi occhi meravigliosi.
«Sì, tanto
Logan. Adoro sentirti dire cose così carine…»
«Te le dirò più
spesso, allora.»
«Davvero?»
«Sì, promesso.
Però posso picchiare io Morgan la prossima volta?»
Candis scoppiò a ridere «Affare fatto.»
Suggellarono l’accordo con un bacio dolcissimo,
incuranti di essere guardati, con interesse, da molti ragazzi di passaggio.”
“Colin si alzò in
piedi con aria imbarazzata. Molly lo abbracciò. Durò solo un attimo. Per quanto
perplesso, Colin ricambiò. Si risedette imbarazzato.
Poi Molly si avvicinò alla porta finestra. Stava per
andarsene.
«Ha l’ultima
gara, poi andrà in quella scuola a New York. È finita, Molly. Non posso
competere con il sogno di una vita.»
L’amica si girò lentamente «Àncora di salvezza, non sogno. Sii
la sua àncora, allora» così dicendo uscì,
lasciandolo seduto tra le lenzuola sfatte in silenzio, a rimuginare su ciò che
quelle parole rappresentavano. Aleggiavano nell’aria da tempo, e lui non si era
ancora mosso.”
“ «Green eight
four, green eight four!» Logan urlò con quanto fiato aveva in gola. L’acqua che
scendeva come una valanga, non faceva sentire la sua voce al suo compagno
vicino mentre parlava.
«Ed ecco di
nuovo in campo Sherman. Cosa farà per superare quel muro enorme che sono i suoi
avversari?» la bocca del cronista finì sul microfono ansioso. «L’azione parte,
ma solo il running back si muove, corre come un fulmine mentre Sherman si
sposta a sinistra, poi schiva un suo avversario e si sposta a destra di scatto,
lancia la palla alta e lunga. Mai visto un tiro così poderoso che supera i suoi
alti avversari e finisce nelle mani libere del running back che corre verso la
meta. Ed è touchdown! Signori, chiunque abbia creato questa mossa ha dato
scacco matto alla partita. Una gran mossa vincente. Bravo Sherman.»
Il boato della gente si fece sentire in tutto il posto,
tutti si alzarono in piedi. Logan andò a picchiare il pugno, in segno di
saluto, a Colin seduto in panchina «A quanto sembra, era un’idea di Beenson!
Quei due giocatori da avversari si sono tramutati in splendidi compagni di
squadra» aggiunse il cronista.”
“«Io e te siamo
amici, vero Colin?» cambiò discorso lei.
«Sì, che lo
siamo. Perché me lo chiedi?»
«Quando io avevo
bisogno di sostegno, e nessuno riusciva a capire che cosa mi stava succedendo,
io avevo te che ti presentavi per portarmi al lavoro. Io avevo te che mi spiegavi perché Norman si
stesse comportando così, mi davi almeno la speranza che non lo facesse perché
non mi amava. Capisci?»
«Sì, certo, ma
cosa c’entra ora?»
«Io ti considero
il mio miglior amico Colin Beenson, lo sei diventato perché tu sei speciale. Vorrei essere io ad aiutare te
per una volta.»
Colin si voltò verso di lei, aveva uno sguardo
tenerissimo «Molly…»
«Guarda la
strada, ricordati che sono incinta e che Norman ti spaccherebbe la faccia se mi
succedesse qualcosa. Tu guidi, io parlo.»”
“«Io e te siamo amici,
vero Colin?» cambiò discorso lei.
«Sì, che lo
siamo. Perché me lo chiedi?»
«Quando io avevo
bisogno di sostegno, e nessuno riusciva a capire che cosa mi stava succedendo,
io avevo te che ti presentavi per portarmi al lavoro. Io avevo te che mi spiegavi perché Norman si
stesse comportando così, mi davi almeno la speranza che non lo facesse perché
non mi amava. Capisci?»
«Sì, certo, ma
cosa c’entra ora?»
«Io ti considero
il mio miglior amico Colin Beenson, lo sei diventato perché tu sei speciale. Vorrei essere io ad aiutare te
per una volta.»
Colin si voltò verso di lei, aveva uno sguardo
tenerissimo «Molly…»
«Guarda la
strada, ricordati che sono incinta e che Norman ti spaccherebbe la faccia se mi
succedesse qualcosa. Tu guidi, io parlo.»”
Grazie di cuore
RispondiEliminaE' un piacere! :) sono così felice di collaborare con tutti voi del gruppo The Dark Zone!
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